Alzheimer: nuove ipotesi sull’origine della malattia

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Il morbo di Alzheimer, il male del XX secolo che divora i ricordi, è tristemente noto a tutti, rappresentando la forma più comune di demenza degenerativa. Sono circa 600 mila gli italiani colpiti da questo terribile patologia che, con l’avanzare del tempo, provoca la perdita della memoria e delle altre abilità intellettuali e fisiche finendo per condurre a gravi forme di disabilità.

Sebbene la causa e l’avanzamento del morbo non siano ancora ben noti, una ricerca tutta italiana ha fatto degli importanti passi in avanti facendo luce sui meccanismi all’origine della malattia. Un gruppo di ricercatori dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, coordinati da Marcello D’Amelio, hanno individuato nella morte di un gruppo di neuroni produttori di dopamina, neurotrasmettitore che ha a che fare con la memoria, l’origine scatenante del morbo.

Mentre le precedenti ricerche si sono soffermate sull’area del cervello che codifica le nuove memorie e richiama le vecchie, il Dottor D’Amelio e il suo staff hanno preso in considerazione una parte molto profonda del cervello, il mesencefalo, dimostrando che la morte delle cellule responsabili della produzione di dopamina (presenti in quest’area) provocano il mancato arrivo della sostanza all’ippocampo e la conseguente perdita di memoria e motivazione.

Lo studio, condotto su cavie animali, dimostra l’innescarsi di un vero e proprio effetto domino: la morte dei neuroni responsabili della produzione di dopamina ne provoca il mancato arrivo all’ippocampo che, di conseguenza, va in tilt generando la perdita dei ricordi. L’aspetto più interessante emerso è stato scoprire che la parte del cervello presa in considerazione dagli studiosi, rilascia dopamina anche nell’area della gratificazione e dell’umore. Somministrando alle cavie delle terapie mirate al ripristino dei livelli di dopamina, si assiste a un recupero non solo del ricordo ma anche della motivazione.

Questo spiegherebbe perché, nelle prime fasi della malattia, il paziente presenta un profondo stato depressivo accompagnato da una perdita di interesse per le attività quotidiane e non solo. Attenzione dunque alla comparsa di queste sintomatologie che potrebbero rappresentare un campanello d’allarme del morbo.

Una ricerca Censis ci dice che il 18% dei pazienti affetti da Alzheimer vive con la badante e che i costi per l’assistenza superano gli 11 miliardi di euro, di cui 73 a carico delle famiglie.

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